#ComeCambiailMioServizio SPRAR

SIPROIMI e COVID-19

Qualche giorno fa un decreto interministeriale ha chiuso di fatto i porti italiani fino al 31 luglio appellandosi all’emergenza coronavirus. Ma come stanno vivendo la quarantena i migranti che sono all’interno del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale?

I pericoli e le difficoltà dell’emergenza COVID-19 – e delle misure che l’accompagnano – sono sicuramente più difficili da attuare. Fondamentale l’attività informativa che viene assicurata, in modo ampio e aggiornato, dagli operatori con l’ausilio dei mediatori culturali. In particolare: sui rischi della diffusione del virus, sulle prescrizioni anche igienico-sanitarie, sul distanziamento sociale.

Alessandro Fulimeni, coordinatore dei servizi SIPROIMI (ex SPRAR) in carico alla nostra cooperativa, ci racconta le misure che sono state messe in campo e in che modo il servizio è stato stravolto da questo virus.

#NOICISIAMO

SIPROIMI e COVID-19

La bufera epidemiologica si è abbattuta su un sistema, quello dell’accoglienza di secondo livello costituita dal Siproimi (ex SPRAR), che stava faticosamente trovando un suo nuovo assetto dopo un’altra bufera, iniziata tre anni fa con il decreto Minniti e proseguita poi con i Decreti Salvini , che ne avevano profondamente modificato struttura , organizzazione e filosofia complessiva.

Dal 10 marzo Il nostro lavoro si è rapidamente ridefinito sulla base di due priorità: da una parte attivare da subito una puntuale ed intensa campagna di informazione rivolta alle ragazze e ai ragazzi ospitati negli appartamenti di accoglienza, dispiegando immediatamente l’intervento della fitta rete di interptreti e mediatori con cui collaboriamo stabilmente;

dall’altra calibrare il lavoro delle equipe dei nostri progetti per ridurre l’isolamento e continuare a garantire, con altre modalità, interventi e stimoli per evitare il tracollo di servizi offerti.

E’ evidente che la situazione di “sospensione” che si trovano a vivere strutturalmente i migranti viene ora talmente acuita che può costituire un elemento di ripiegamento e arretramento del faticoso percorso di conquista dell’autonomia e dell’emancipazione dal bisogno di accoglienza. Per questi motivi abbiamo definito questa nuova fase come un passaggio “dalla costruzione alla conoscenza”, cioè cogliere anche le nuove opportunità che un periodo così complesso e difficile presenta.

Cosa significa questo? In un momento in cui i servizi dell’integrazione, in particolare quella socio-economica – tirocini, corsi di formazione professionale, ecc. sono fermi, rafforzare la dimensione della relazione e della reciprocità, spesso sacrificate dalle incombenze di un lavoro quotidiano volto ad applicare linee guida e protocolli, cogliendo anche l’occasione di sperimentare alcune nuove forme di intervento sociale che possono essere efficacemente dispiegate anche attraverso il lavoro agile.

In particolare la nostra attenzione si sta progressivamente spostando, soprattutto in questa fase di emergenza pandemica, sugli elementi della narrazione, del racconto autobiografico, della storia dei propri percorsi, che costituiscono formidabili territori da esplorare per ricomposizioni, trasformazioni e rinascite di espeienze, come quelle dei migranti forzati, spesso laceranti e dolorose.

Certamente abbiamo anche dovuto fare i conti con le legittime preoccupazioni, paure e a volte stati di angoscia che hanno investito educatori e utenti, per di più all’interno di quello che è uno stra-ordinario processo di parificazione – che stiamo analizzando attraverso una lettura etnopsicologica, – che e è probabilmente destinato a modificare in profondità, anche quando l’emergenza sarà cessata, approcci e prassi operative. In questo senso non c’è stata soluzione di continuità per quanto riguarda incontri gruppali e supervisioni psicologiche, sia pure con modalità a distanza.

Cosa succederà dopo, quando tutto sarà finito? Sono convinto non solo che non andrà tutto bene, ma che molti dei provvedimenti d’urgenza adottati in queste settimane possano diventare parte della nostra prossima quotidianità. Responsabilizzazione dei cittadini, solidarietà globale, nuovi criteri di convivenza sociale possono essere risposte in grado di reinventare una società futura dove si scelga di partecipare attivamente alla vita collettiva con senso di giustizia e di rispetto degli altri.

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