#ComeCambiailMioServizio RSA Amandola

RSA, una fragilità da proteggere

Le RSA sono le grandi attenzionate in questo momento di emergenza. Le misure di sicurezza che vengono adottate possono davvero fare la differenza.

Monica Rizzieri, coordinatrice della RSA di Amandola, ci spiega quali sono le misure adottate e come gli operatori sanitari sono ogni giorno impegnati a tenere alti gli standard di sicurezza.

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RSA, una fragilità da proteggere

Vi chiederete come mai mi trovo nell’area anziani quando ero nel comparto dell’infanzia: il COVID-19 ha fatto anche questo. Tutto è nato da un bisogno della cooperativa; ragionando con la presidente e dopo aver chiesto le dovute autorizzazioni ho iniziato questa nuova avventura che in realtà ha permesso alla mia esperienza ventennale in ambito sanitario/riabilitativo di ritornare a galla. L’idea mi è subito piaciuta e personalmente amo le sfide,anche se questo significa sacrificio, rimettersi a studiare, riorganizzare il proprio modo di lavorare, ma lo sto facendo con entusiasmo e molto volentieri.

Nella RSA come in tutte le realtà italiane, il COVID 19 deve essere tenuto a bada e ben lontano altrimenti fa vere e proprie “stragi” di persone indifese. Al mio arrivo già ci si era organizzati per non far accedere più nessuno alla struttura se non gli operatori che vi lavorano e si continua in maniera assidua a mettere in atto tutte le procedure cautelative…con la speranza che il COVID 19 non riesca ad aggirarle.

Quando è iniziata l’emergenza COVID 19 si è deciso di chiudere la struttura agli esterni, cioè i parenti e tutte le figure anche professionali che venivano da fuori reparto come ad esempio i fisioterapisti. Tale restrizioni sono state necessarie al fine di evitare il contatto con persone che provenivano dall’esterno e da contesti famigliari. All’inizio c’è voluto un po’ di tempo per far comprendere ed accettare la nuova modalità, ma poi come in ogni cambiamento, anche questo è stato interiorizzato. Ovviamente abbiamo è stato trovata una modalità diversa di comunicazione con i parenti, come le telefonate o le vide chiamate. Questa riorganizzazione ha coinvolto tutti, se pensiamo anche al servizio biancheria e farmacia, dove le consegne avvengono ma con tutti i dispositivi di protezione individuale necessari per accedere alla struttura.

Per la tipologia d’utenza non sono state rilevate grosse difficoltà di adeguamento, se non per alcuni che non vedono i famigliari ma con cui siamo in contatto telefonicamente. Certamente un abbraccio o una carezza non si può sostituire con una telefonata però aiuta a mantenere viva la quotidianità dei pazienti.

La responsabilità che mi sento sulle spalle è tanta, perchè come ognuno di noi non si vorrebbe mai cadere in errore..Ma è pur vero che l’errore è frutto di apprendimento.

Il primo giorno del nuovo incarico mi sono detta : dobbiamo riorganizzare la mente in maniera diversa rispetto alle necessità dei bambini, anche se poi strada facendo mi sono resa conto di come molti bisogni siano simili: la voglia di raccontare (per coloro che riescono), la scelta del cibo e tante altre piccole sfaccettature. E’ proprio vero che la vita è come un cerchio che ruota e, se ci fermiamo a pensare, non c’è differenza tra l’inizio e la fine.

Una mattina entrando in reparto una sig.ra seduta a leggere il giornale esordisce dicendomi: ” Tu sei nuova?” io le rispondo che ero coordinatrice degli asili nido, e lei: “Beh tra i bambini piccoli e noi non c’è tanta differenza”. Questa intrapresa è una strada in parte nuova ma che mi permetterà di aumentare sempre più le mie competenze; c’è una bella equipe, con molteplici risorse umane e professionali, l’obiettivo è quello di saper trovare il giusto spazio a tutti in maniera equilibrata.

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