Natale 2020

Buon Natale 2020!

Quest’anno più che mai, sentiamo il bisogno di augurare a tutti voi, soci, dipendenti, conoscenti, simpatizzanti e amici un sereno Natale e delle felici feste.

Ma soprattutto sentiamo la necessità di dire grazie a quelle categorie professionali (OSS, infermieri, educatori, medici) che in questo difficile anno sono state il centro delle attenzioni positive e negative di tutti noi.

E lo facciamo con le parole di una nostra infermiera, che ormai lavora con noi da anni e che coordina l’area Covid di una struttura nel territorio fermano. Vi lasciamo con una sua bellissima riflessione su questo anno che sta per concludersi.

Grazie a tutti voi,

buon Natale e buone feste.


Sono l’infermiera che sta coordinando l’area Covid di una struttura fermana insieme ad altri colleghi. Da quando i pazienti con tampone positivo hanno iniziato ad aumentare, siamo stati “arruolati” per la gestione dell’emergenza. Devo fare però una premessa a me molto cara e quindi doverosa: non mi è mai andata giù questa metafora della guerra che tanto ci piace utilizzare. Siamo operatori sanitari e non soldati; non ci sono colonnelli né generali. Ci sono persone dietro ogni ruolo che ogni giorno si rimboccano le maniche e affrontano e gestiscono le situazioni. Non ci sono grilletti da premere ma decisioni da prendere. Ma soprattutto, ci sono persone da assistere e non ferite di guerra!

L’unico elemento in cui effettivamente ritrovo una corrispondenza tra l’affrontare una malattia pandemica e il combattere una battaglia è la gestione del tempo. Mi prendo infatti il tempo di scrivere queste poche righe in una mattina in cui il calendario mi dice che è domenica, ma per quelli che come me fanno questo lavoro, sanno bene che la scansione del tempo non ci è mai appartenuta. Ci siamo accorti che i giorni e i mesi sono unità di tempo infinitamente troppo grandi per poter essere utilizzati ora, ora che le situazioni sono in continua evoluzione (e il dire “non so nemmeno più che giorno sia” non è più solo un modo di dire ma assume una forma concreta). Allora mi sono interrogata su come si faccia a tenere conto del tempo che passa: banalmente, l’istinto, mi direbbe di usare un’unità di tempo più piccola visto che l’altra è enorme! Ma anche con le ore e con i minuti mi trovo scomoda perché tra una telefonata organizzativa ed un’attività assistenziale ti accorgi che nemmeno le ore bastano! Siamo ancora in un tempo troppo grande, ce ne vorrebbe di più per poterlo contare (A maggior ragione quando lavori in un reparto Covid e non indossi l’orologio). Ci sono stati giorni in cui l’unica cosa che scandiva il mio tempo era la batteria del cellulare. Era lei a dirmi che era ora di tornare a casa perché ormai neanche la fame o il bisogno di andare in bagno mi facevano staccare dal reparto.

Quello che ha tenuto in piedi le giornate sono stati, invece, i volti e la disponibilità di nuovi colleghi, la perdita di ogni confine fisico personale quando indossavamo tutti insieme i D.P.I. prima di entrare in reparto, la disponibilità e la gentilezza con cui ognuno metteva a disposizione la propria professionalità e il proprio tempo. Gli anziani, pronti a richiamare l’attenzione sulle piccole cose a loro essenziali che vengono date per scontate da chi si trova a guidare una macchina più grande. Le attenzioni di chi, invece di lasciarsi andare a polemiche sterili o recriminazioni sul passato (molto facile caderci in queste situazioni) ha avuto il coraggio di guardare al presente, talvolta procurando di propria iniziativa materiale mancante senza chiedere né rimborsi né medaglie (così, giusto per “accelerare” alcune lungaggini burocratiche). Lo stress, le risate nervose di quelle in cui non c’è niente da ridere ma non puoi farne a meno. Le lacrime. Ma anche l’asciugarsele a vicenda per trovare la forza di non abbandonare.

Solo oggi apro gli occhi e mio marito mi fa notare che è il 20. Di dicembre. 5 giorni a Natale! Normalmente avrei iniziato il conto alla rovescia da metà novembre. Questo tempo in bilico è di tutta la nostra categoria, e questa storia che racconto non è la prima né la più speciale. È ormai noiosa e ripetitiva anzi, visto che i reportage di altri colleghi risalgono addirittura a febbraio e marzo…Questa esigenza di scrivere ancora si fa sentire oggi, perché mancano 5 giorni a Natale. Oggi che tra un decreto e l’altro sapevamo ormai cosa poter fare e cosa no, dove e come potersi muovere. Ma almeno ci era dato sapere “quando” farlo. Oggi per molti dei miei colleghi il turno lavorativo non è ancora definito e non mi è possibile fargli sapere quando lavoreranno durante le festività natalizie.

E quindi arrivo alla conclusione: questa emergenza non è fatta né di mesi né di giorni né di ore. È fatta di persone. Di persone che hanno “abbandonato” il loro tempo e il loro calendario per prestare la loro professionalità al servizio della popolazione, al servizio di anziani, della nostra memoria storica: la definizione di paziente, infatti qui calza stretta perché in questo specifico caso siamo tutti dipendenti di altre realtà e sarebbe stato facile girarsi dall’altre parte liquidando un datore di lavoro con uno sbrigativo “non sono miei pazienti, non spetta a me”. È una gestione fatta di colleghi che insieme a me ogni giorno si mettono a disposizione per prestare la loro assistenza ed ogni giorno vengono chiamati a coprire il turno anche poche ore prima dell’inizio dello stesso (e per questo, non smetterò mai di chiedergli scusa).

Mi sento quindi io per prima di ringraziare tutti coloro che con me stanno creando un tempo nuovo, fatto di pazienza (molta!) e di coscienza. Di sorrisi e di disponibilità, di fatica che ci ha coinvolti a tutti i livelli. Ringrazio i colleghi coordinatori, gli infermieri, i medici, gli OSS. Ringrazio chi non sta riposando da settimane (tra cui altrettanti colleghi di altrettante strutture che, per sganciare un operatore da quel servizio e mandarlo in mio soccorso, si trovano a saltare i riposi a loro volta).  Ringrazio la direzione unica del distretto AV4, le strutture che stanno accogliendo i pazienti, il servizio delle professioni sanitarie, i responsabili delle cooperative NuovaRicercaAgenziaRes e COOSS Marche, il personale della struttura per intero (la direzione ma anche gli OSS, il personale della lavanderia, della cucina e dell’impresa di pulizia, che da un giorno all’altro hanno cambiato piani di lavoro con fiducia e accoglienza). La protezione civile, le varie croci che stanno gestendo i trasporti. Insomma, chiunque abbia lasciato indietro il suo tempo per metterlo a disposizione di quello degli altri.

E i familiari degli anziani cui prestiamo assistenza ci scuseranno se rispondiamo a qualche telefonata in meno, ma come dicevo a proposito del tempo, un po’ di tempo in meno al telefono è un po’ di tempo in più per stare vicini ai pazienti!

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